Malattie metaboliche: il Diabete mellito

complicanze diabete mellito

Tra le malattie metaboliche quella che riveste il maggiore interesse per la sanità pubblica, in rapporto alla frequenza e al correlato carico di malattia, complicanze e disabilità, è sicuramente il diabete mellito.
Il diabete mellito, infatti, è una patologia cronica a larghissima diffusione in tutto il mondo e destinata ad aumentare nel prossimo futuro con il progressivo invecchiamento della popolazione e la sempre maggiore occorrenza delle condizioni di rischio che ne precedono l’insorgenza. Il diabete è una patologia rilevante soprattutto per le numerose complicanze micro e macrovascolari a cui i pazienti vanno incontro. Fra le complicanze microvascolari, la retinopatia diabetica rappresenta la maggiore causa di cecità fra gli adulti e la nefropatia diabetica è la principale causa di insufficienza renale cronica e dialisi. Le persone affette da diabete presentano, inoltre, un rischio più elevato di complicanze macrovascolari (malattie cerebro e cardiovascolari) rispetto alla popolazione non diabetica e, in generale, hanno un’aspettativa di vita ridotta, qualunque sia l’età di esordio della malattia.
La qualità organizzativa e l’efficienza dell’assistenza diabetologica sono state correlate con un migliore controllo della malattia, con una migliore prognosi delle complicanze e con una minore mortalità collegata al diabete. Dal punto di vista della sanità pubblica, la qualità dell’assistenza e la gestione territoriale del diabete mellito sono ritenute, quindi, una condizione fondamentale per tradurre i progressi clinici e farmacologici in una reale prevenzione delle complicanze e in un miglioramento della qualità di vita dei malati.
Si distinguono un diabete di tipo 1 (cosiddetto diabete insulino-dipendente o giovanile, circa il 10% dei casi) e un diabete di tipo 2 (cosiddetto diabete non insulino-dipendente o dell’adulto, circa il 90% dei casi). Si tratta fondamentalmente di due patologie distinte, in quanto i due tipi di diabete si differenziano, oltre che per la diversa eziopatogenesi (distruzione autoimmune delle cellule beta del pancreas nel tipo 1, ridotta sensibilità all’insulina nel tipo 2), anche per le differenti età di insorgenza (bambini-adolescenti nel tipo 1, adulti nel tipo 2), sintomatologia di esordio (acuta nel tipo 1, più sfumata e graduale nel tipo 2), strategie terapeutiche (insulina dall’esordio nel tipo 1, introdotta in caso di resistenza a terapia dietetica e ipoglicemizzanti orali nel tipo 2) e, soprattutto, possibilità di prevenzione primaria. Se, infatti, il diabete di tipo 2 è in parte prevenibile modificando gli stili di vita dei soggetti a rischio, particolarmente per quel che riguarda la nutrizione e l’attività fisica, il diabete di tipo 1 può essere difficilmente prevenuto, in quanto sono ancora poco chiari i fattori di rischio che interagiscono con la predisposizione genetica scatenando la reazione autoimmunitaria.

http://www.salute.gov.it